Cimiteri monumentali – Lecce e San Cesario

Cimiteri monumentali – Lecce e San Cesario
Domenica 2 novembre 2014
Si parte dal centro di Lecce per questa escursione poco più che cittadina, con cui si vuole celebrare in modo “ciclistico” la giornata dedicata alla commemorazione dei defunti.
Dopo un breve tour nel centro storico della città, ci avvieremo verso la vicina San Cesario di Lecce, per visitarne il piccolo Cimitero monumentale. Costruito nel 1854, contemporaneamente alla “moderna” via per Lecce, sui terreni espropriati ad un sacerdote locale, era dotato di un ingresso davvero “monumentale”, poi demolito. Le sepolture più antiche sono del 1860 e tra le prime confraternite che edificarono una cappella comune vi fu quella di San Rocco.
Faremo poi ritorno a Lecce, dove sorge – accanto alla celeberrima chiesa dei Santi Niccolò e Cataldo – l’antico cimitero della città, ultimato e consacrato nel 1845. La chiesa è sicuramente l’edificio più antico del complesso cimiteriale: edificata nel XII secolo e successivamente rimaneggiata in chiave barocca nel XVII secolo, fu fatta edificare da Tancredi d’Altavilla insieme al monastero adiacente – ora sede universitaria – in cui si stabilirono dapprima i Benedettini e quindi, dal 1497, gli Olivetani, che vi restarono fino alla cacciata degli Ordini religiosi dal sud Italia, avvenuta nel 1807.
Per arrivarci, da Porta Napoli, fiancheggiando l’Obelisco e dopo un breve percorso, imboccheremo il viale principale, detto “dei cipressi”, che si diparte dall’ingresso monumentale, vagamente neoclassico, sormontato dalla scritta “PER LA PACE DELLE VMANE OSSA RISORGITVRE“. Al termine del lungo viale, quasi adiacente alla facciata della chiesa, si dirama una via che dà accesso al “Giardino funebre“. Nel 1897 contava 600 tombe: di queste, più della metà era composta da mausolei e cappelle fuori terra, mentre quelle restanti erano “tombe familiari messe quasi a livello del suolo”.
Il “Giardino funebre” è esteso su un’area rettangolare, solcata da una maglia irregolare di viali e sentieri tortuosi, con tombe che – soprattutto nell’area più antica e più prossima all’ingresso –  sembrano esser state disposte senza ordine, quasi addossate le une alle altre. Ovviamente il materiale maggiormente utilizzato, sia per i piccoli edifici funebri che per le sculture, è la duttile pietra leccese.
Numerosi alberi di cipressi, eucalipti, oleandri, palme, abeti e vari arbusti connotano come un fresco giardino questa parte del cimitero, ricca di vedute inaspettate e improvvisi scorci in una profusione di monumenti e sepolcri. Stili neogotici e neocromatici sono stati scelti per la “severità dello stile”, ma spesso corredati di colonne tortili, archi acuti, pinnacoli, guglie, rosoni traforati e sculture. Talvolta il Medioevo si affaccia solo in alcuni particolari. Vi sono capitelli che ricordano la facciata della chiesa dei SS. Nicolò e Cataldo. Frequenti sono anche gli esempi delle cappelle neoegizie.
Figure quali la piramide, l’obelisco e la mastaba hanno conservato nel tempo i propri caratteri originari senza grossi cambiamenti. In alcune cappelle notiamo l’uso di colore sulle facciate, come avviene – negli stessi anni – nell’architettura civile, secondo accostamenti cromatici caldi ed irreali. Il marmo, materiale diffuso nell’arte cimiteriale, localmente non ebbe molto successo, fatta eccezione per alcune statue e talvolta per il rivestimento di scale. Statue e bassorilievi sono eseguiti in pietra leccese o terracotta. Frequenti sono le vetrate policromate.
Tra i nomi più importanti delle persone sepolte nel cimitero vi sono il tenore Tito Schipa (Lecce, 27 dicembre 1888 – New York, 16 dicembre 1965) – la cui tomba incontreremo subito dopo l’ingresso nel Giardino funebre – e il poeta barocco Vittorio Bodini (“La luna dei Borboni”), da poco tumulato nella città che gli diede i natali (6 gennaio 1914 – Roma, 19 dicembre 1970). Quest’ultima lapide è opera dello scultore leccese Ugo Malecore. Nel cimitero di Lecce riposano anche altri uomini illustri della città, Epaminonda Valentini (di famiglia gallipolina ma con origini napoletane, si spense nel 1849 dopo quattro mesi e venti giorni trascorsi nelle orribili carceri borboniche di Lecce) Maccagnani, Palmieri,Bortone e tanti altri.
Sin dai tempi dei primi cristiani si era diffusa l’idea di dedicare uno spazio ai morti, dapprima nelle catacombe e successivamente sotto il pavimento delle chiese. Nel Medioevo le sepolture avvenivano attorno alle strutture religiose. All’epoca della rivoluzione francese si cominciò a pensare a luoghi, esterni al perimetro cittadino, dove tumulare i morti, in fosse comuni o singolarmente, consentendo la personalizzazione del luogo di sepoltura. Ciò sia per motivi affettivi che – soprattutto – per motivi igienici.
Infatti, il cimitero moderno fu la risposta a rilevanti problemi d’igiene legati alla morte, che si acuivano con l’urbanizzazione e l’aumento di dimensione delle grandi città. All’epoca le chiese erano luoghi affollati, ospitavano incontri e mercati, dove però tutto si svolgeva tra ossa e seppellimenti precari.
Il Paese guida nel rinnovamento delle consuetudini cimiteriali fu la Francia. Già nel 1737 il parlamento di Parigi ordinò un’inchiesta medica sull’ igiene dei cimiteri, quindi con un decreto del 1763 fu posto il divieto di seppellire nelle chiese e fu prevista la creazione fuori città di otto grandi cimiteri parrocchiali, con fosse comuni.
Ma la nascita del cimitero moderno risponde non solo a evidenti ragioni igieniche, bensì anche culturali. Il celebre editto napoleonico di Saint Cloud, promulgato in Francia nel 1804 ed esteso alle province italiane, deriva in parte da preoccupazioni igieniche, ma anche dallo spirito egualitario del tempo. L’editto vieta la sepoltura nelle chiese, impone la costruzione di cimiteri fuori dai centri abitati e stabilisce che le lapidi devono essere tutte uguali, collocate non sopra le tombe ma lungo il muro di cinta.
A poco a poco tutta l’Europa attuerà le stesse misure e dopo qualche resistenza anche le gerarchie religiose si convinceranno della necessità di allontanare i cimiteri dalle chiese. Il compromesso tra chiesa e stato, a proposito di morte e cimiteri, si realizzerà distribuendo i compiti: il cerimoniale della morte resta affidato alla Chiesa, mentre le incombenze burocratico-civili della sepoltura sono regolate da leggi nazionali e affidate ai municipi.
Ancora oggi è così, per grandi linee. Unico cambiamento rilevante, la medicalizzazione, spesso attraverso l’ospedalizzazione, della fase finale della nostra vita. Ma, di fatto, I morti della nostra società borghese sono ancora affidati a due categorie professionali: preti e becchini.
Raduno: ore 9.45 Piazza Sant’Oronzo
Partenza: ore 10.00 (massima puntualità)
Rientro: ore 13.00 circa
Bici consigliate: qualsiasi;
Quota di iscrizione: 2 €uro a fini assicurativi (per i non soci)
Info e Capogita: Antonio Silvestri – asilvestri@libero.it  – tel: 347.3306494

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